I. Introduzione

Esistono molte famiglie religiose che hanno preso ispirazione dalla spiritualità di sant’Ignazio di Loyola, o si sono avvalse della collaborazione di membri della Compagnia di Gesù. Anche il fondatore della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù si è ispirato alla spiritualità di sant’Ignazio e ha ricevuto sostegno da membri della Compagnia di Gesù. P. Dehon ha fatto degli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio uno strumento prediletto, anche se non unico, per il suo cammino spirituale come sacerdote, religioso e fondatore.

Il tema di quest’articolo, considera e analizza come gli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio di Loyola sono entrati nella vita e nell’esperienza spirituale di p. Dehon. Egli venerava sant’Ignazio, ne stimava la spiritualità e per questo fece alcune volte gli esercizi spirituali secondo il metodo proposto dal santo di Manresa.

 

II. I contatti con membri della Compagnia di Gesù.

L’idea degli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio di Loyola è entrata nella vita di p. Dehon ovviamente tramite sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, e tramite i vari membri della Compagnia che p. Dehon ha incontrato durante la sua vita. Questi incontri sono stati così notevoli che è possibile individuarne traccia nella vita di p. Dehon e anche in diverse circostanze in cui egli ha fatto esperienza degli Esercizi di sant’Ignazio di Loyola.

Questi vari incontri sono stati avvenuti anche durante gli studi al Collegio Romano che, come sappiamo, oggi si chiama «Università Gregoriana». Gli studi in questa università hanno offerto l’occasione d’incontrare celebri professori. P. Dehon aveva anche i vari contatti indiretti attraverso le letture di opere teologiche o articoli dei membri della Compagnia di Gesù o delle loro biografie.

I viaggi di p. Dehon, ugualmente, hanno portato varie occasioni d’incontro con i Padri gesuiti. Durante questi viaggi p. Dehon era solito incontrare molti membri della Compagnia di Gesù, visitare le loro opere e missioni. Egli cooperava anche con i Gesuiti in campo sociale. Ha ricevuto anche grande aiuto da loro durante la Prima Guerra Mondiale. Ha ricevuto l’aiuto dai Padri Gesuiti immediatamente prima e durante la fondazione della Congregazione.

P. Dehon aveva il grande desiderio di essere religioso. Questo desiderio lo accompagnò a Roma durante i suoi studi. Considerate tutte le circostanze, in certo momento dalla sua vita, p. Dehon si domanda se il Signore non lo spinga verso la fondazione di un nuovo istituto religioso, e contemporaneamente a conservare le sue opere in parrocchia. Parla dunque col suo vescovo, che desiderava un collegio a Saint-Quentin. Mons. Thibaudier si mostra interessato alla proposta. Al vescovo interessava soprattutto il collegio, a p. Dehon l’istituto religioso, alla Provvidenza tutte e due le opere[1].

È evidente che p. Dehon, mentre fa la sua scelta, vorrebbe conoscere nel modo più sicuro possibile la volontà di Dio. Per questo confrontava la propria decisione con il vescovo per il foro esterno, e con il direttore spirituale per il foro interno. In questo tempo il suo direttore spirituale era il gesuita padre A. Modeste (1821-1891).

P. Dehon ha ricevuto anche un grande aiuto quando si adoperava per l’approvazione definitiva della sua Congregazione. P. Bucceroni, professore all’Università Gregoriana, difese la spiritualità della Congregazione davanti alla commissione del Sant’Uffizio. Questo avvenimento è menzionato dal successore di p. Dehon, secondo Superiore generale e poi vescovo, padre G. Philippe (1877-1956) che scrive: “Padre Gennaro Bucceroni,… era un gran devoto del Sacro Cuore e aveva scritto un libro che tratta di questa devozione. Quando nell’adunanza dei consultori il discorso cadde sui Sacerdoti del Sacro Cuore e tutti sembravano contrari, intervenne coraggiosamente. Era un originale, un maestro celebre in morale e quando nelle sue lezioni arrivava alla fine ricapitolava tutto proclamando sempre solennemente: “Ego Ianuarius Bucceroni decido et dico…” e così dava la soluzione del caso controverso. Qui certamente fu meno solenne, perché sedevano davanti a lui cardinali e altri prelati. Tuttavia coraggiosamente parteggiò per i Sacerdoti del Sacro Cuore e rispose a tutte le obiezioni…”[2].

 

III. Gli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio fatti da p. Dehon

Abbiamo preso in considerazione un elenco di tutti gli Esercizi Spirituali che p. Dehon fece durante la sua vita dunque tutti i ritiri spirituali di almeno tre giorni fatti da p. Dehon. I ritiri confermati dai suoi scritti sono settantaquattro, di questi almeno ventitré quelli documentati che seguono gli Esercizi di sant’Ignazio.

Nella vita spirituale di p. Dehon si individuano due parti. La prima copre i primi cinquanta anni di vita e venticinque di sacerdozio. Durante questo periodo egli fece nove volte gli esercizi spirituali secondo sant’Ignazio. Possediamo annotazioni di sei ritiri spirituali, che consideriamo maggiormente importanti. P. Dehon conclude questo periodo con il grande ritiro di Braisne, durato trenta giorni. La seconda parte della sua vita spirituale va dai cinquanta anni fino alla morte nel 1925. Questo periodo include quattordici ritiri spirituali fatti secondo il libro del santo di Manresa. Possediamo annotazioni di dodici.

Adesso presentiamo separatamente questi sei ritiri, fatti da p. Dehon in momenti cruciali della sua vita.

Gli Esercizi Spirituali all’inizio del seminario, che fece subito dopo la sua entrata nel Seminario francese di Santa Chiara a Roma il 25 ottobre 1865[3]. Con grande fervore e partecipazione egli segue questi Esercizi Spirituali dettati da padre Rubillon, e ne ebbe un’impressione maggiore di quella avuta durante altri ritiri fatti nella sua vita spirituale. Ecco cosa scrive anni dopo nelle sue memorie: “Mi sono dedicato con tutto il cuore a questo ritiro. Dovevo spesso fare di nuovo gli Esercizi di Sant’Ignazio e farli fare ad altri, però mai dovevo sperimentare impressioni più forti. È stato là il fondamento della mia vita di seminarista. Mi davo interamente alle risoluzioni che avevo preso”[4].

Egli fece così bene questo ritiro, anche a causa della lunga attesa per entrare al seminario di Santa Chiara. Sappiamo che dovette attendere fino alla sua maggiore età, avendogli suo padre rifiutato il permesso quando era adolescente. Il padre, che non era ambizioso per se stesso, lo era per il figlio e sognava una carriera diplomatica, giuridica o anche ecclesiastica[5]. Le priorità di Léon Dehon erano completamente differenti da quelle di suo padre. Capiamo, quindi, da dove viene lo zelo con il quale il futuro fondatore della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù fece il ritiro all’inizio del seminario.

Gli Esercizi di sant’Ignazio che egli fece cominciano dalla prima settimana, perché trattano del fine dell’uomo. Il predicatore «considerò prima il fine dell’uomo, è il fondamento di ogni ritiro»[6] scrive p. Dehon. Non a caso egli usa la parola «il fondamento» perché da esso comincia la prima settimana degli Esercizi di sant’Ignazio[7].

Gli Esercizi Spirituali della «scelta». Questo secondo ritiro fu molto importante nella vita di p. Dehon. Lo fece su suggerimento del gesuita padre Pouplart dal 21 al 27 marzo 1876, a Laon quando era ancora prete diocesano e lavorava come settimo vicario a Saint-Quentin. Nelle sue memorie egli menziona le circostanze che lo accompagnavano quando prese la decisione di fare questo ritiro. Il suggerimento del padre Pouplart fu soltanto l’ultimo accordo nella sinfonia delle tensioni che risuonavano nel suo cuore: “Il pensiero di sottrarmi all’eccesso di attività mi accompagnava tutti i giorni. Sentivo che non potevo più conservare a sufficienza la vita interiore che avevo acquistata in seminario. Volevo ad ogni costo diventare religioso. Mi accingevo a fare un ritiro a Laon, nella casa del Terzo anno dei Gesuiti, sotto la direzione del P. Dorr, un santo religioso”[8].

Leggendo questo brano delle memorie possiamo dire che il primo motivo per fare questo ritiro era il sovraffaticamento per il lavoro pastorale a Saint-Quentin. Dopo molti anni, scrivendo le sue memorie, p. Dehon ne fa menzione. Ma esso non era il motivo principale per fare gli Esercizi Spirituali. Egli accenna al fatto che non può mantenere il ritmo di vita interiore del seminario di Santa Chiara a Roma. Scrive, inoltre, che vuole essere religioso a ogni costo. Possiamo dire che questo desiderio era vero e che la volontà di cercare la vita religiosa lo spinse a fare gli Esercizi a Laon «per fare una buona e sana scelta».

Il ritiro a Laon si svolge secondo lo schema e il ritmo classico degli Esercizi di sant’Ignazio. Troviamo soprattutto le meditazioni della prima e della seconda settimana. Le sue annotazioni sono brevi e laconiche: questo significa che p. Dehon, facendo la redazione dei testi del ritiro a Laon, pone l’accento soprattutto sulla scelta, la riforma della vita e le meditazioni che le preparano, perché questi due esercizi fatti durante questo ritiro hanno per il vicario a Saint-Quentin grande importanza.

Quando diremo che lo scopo degli Esercizi di sant’Ignazio è di: «preparare e disporre l’anima a liberarsi da tutti gli affetti disordinati e, una volta che se ne è liberata, a cercare e trovare la volontà divina nell’organizzare la propria vita per la salvezza dell’anima»[9], intenderemo anche «emendare e riformare il proprio genere e stato di vita»[10]. Il santo di Manresa insegna che l’esercitante, il quale abbia già fatto una scelta immutabile o il cui cambiamento non sia possibile o non sia desiderabile, deve esaminare la sua vita e introdurvi i mutamenti necessari per servire meglio il Signore e meglio lodarlo. Emendare riguarda la parte negativa, la correzione dei peccati anche veniali e gli atteggiamenti impropri, invece la riforma riguarda la dimensione positiva, ciò che aiuta a dare un nuovo orientamento alla vita dell’esercitante[11].

Per p. Dehon, sacerdote da più di sette anni, la scelta era, come dice sant’Ignazio, in materia immutabile, di voler emendare e riformare la propria vita e il suo stato[12]. Le sue risoluzioni indicano la volontà non di cambiare ma di correggere la sua vita e perfezionarla. Le risoluzioni sono molto concrete e toccano le più importanti dimensioni della sua vita, i comandamenti, il compimento dei doveri del suo stato e i regolamenti.

Vediamo, dunque, che egli, come ogni buon esercitante, lavora alla riforma della sua vita. Soltanto così si può fare bene il ritiro: facendo una revisione di se stesso in Gesù. Il frutto degli esercizi è la somiglianza a Gesù Cristo in tutte le dimensioni della vita dell’esercitante: nei pensieri, nelle aspirazioni, nelle parole, nelle opere e soprattutto nel cuore. Dunque ogni esercitante deve sentire l’invito di Gesù che lo spinge a uscire da se stesso e rispondere fedelmente alla sua chiamata[13]. Possiamo dire che p. Dehon ha vissuto tutto questo e per questo ha fatto con grande sincerità la riforma della vita e anche la scelta.

Egli non ha negato l’insegnamento di sant’Ignazio di Loyola, che dice nel libro degli Esercizi Spirituali che non si può cambiare la scelta immutabile, perché egli voleva scegliere soltanto il modo e il tempo di diventare religioso. Al contrario, tramite il suo esercizio della riforma della vita, compie l’insegnamento del santo di Manresa: «è molto utile, invece di scegliere, dare modo di procedere per emendare e riformare il proprio genere e stato di vita»[14]. Queste indicazioni sulla riforma della vita, p. Dehon le mise all’inizio delle note del ritiro a Laon, e alla fine presenta le modalità della scelta fatta durante questi Esercizi Spirituali.

L’esercizio della scelta l’esercitante lo fa quando vuole cambiare stato di vita. P. Dehon non era in questa situazione e quindi ha fatto l’esercizio per emendare e riformare la propria vita, come abbiamo detto. Perché fece anche il secondo esercizio, quello della scelta? Per giustificare questo esercizio della scelta dobbiamo dire di nuovo che egli non voleva cambiare suo stato di vita, perché la sua scelta era immutabile; era sacerdote da sette anni, dunque voleva perfezionare il suo stato di vita. Anzi la materia della scelta non era essere religioso o no, ma come o in quale modo essere religioso, visto che aveva dichiarato molte volte la sua volontà di entrare in una congregazione religiosa. Sfortunatamente vari impegni lo trattenevano dal realizzare il suo desiderio.

La scelta durante gli Esercizi di sant’Ignazio è preparata da due meditazioni e una considerazione: dei vessilli che si chiamano anche dei due stendardi e delle tre categorie di persone; questa meditazione si chiama anche dei binari e la considerazione dei tre gradi d’umiltà. Le suddette meditazioni e la considerazione hanno influsso specifico sulla scelta[15].

In seguito egli fece due ritiri all’inizio della Congregazione nel 1880 e 1881. Il primo di questi due corsi di esercizi che vogliamo presentare, p. Dehon lo fece nel 1880, dal 14 al 19 settembre, nella casa dei Padri gesuiti a Liesse. Possediamo le sue annotazioni scritte parte in latino e parte in francese e, come conferma lui stesso, scritte in seguito, basandosi sugli appunti originali[16].

Il fondatore della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù fece questo ritiro all’inizio del terzo anno di esistenza della sua congregazione, dunque nelle annotazioni, accanto ai temi tipici degli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio, possiamo trovare anche meditazioni tipiche della spiritualità dehoniana, che in questo tempo per il giovane fondatore e la nuova Congregazione erano molto importanti. P. Dehon inizia così i suoi esercizi spirituali: «Mi sono perso come pecora smarrita (Sal 119, 176)». Poi continua: «Pecora, pecora scelta e amata – sacerdote e vittima»[17]. Ovviamente egli pensa a se stesso. Si sente amato e scelto e intende il suo sacerdozio come vittima.

Nell’800 ci sono stati molti tentativi di fondare congregazioni di sacerdoti-vittime, ma soltanto quello di p. Dehon è riuscito. Questa tendenza ha le sue lontane radici nello sviluppo della spiritualità riparatrice e vittimale durante i secoli. Questo processo trova il suo culmine nella seconda metà dell’800 quando anche p. Dehon ha fondato la sua Congregazione[18].

Sappiamo anche che la sua fondazione, prima della soppressione da parte della Santa Sede, si chiamava «Oblati del Sacro Cuore». Egli spiega il motivo di questa scelta nella lettera a padre A. Guillaume (1886-1915) scrivendo: «Non ho preso il nome di vittime, ho preso quello di Oblati che mi diceva la stessa cosa»[19]. P. Dehon desiderava essere «vittima» a esempio di Gesù. Per lui questo termine era incluso nel termine «oblato»[20].

Durante la meditazione seguente egli comincia già i soggetti proposti da sant’Ignazio nel libro degli Esercizi. Ovviamente comincia dal fondamento e scrive che la terra è fatta per gli uomini e gli uomini per Dio. Sottolinea che come i fiori guardano al sole anche gli uomini devono guardare sempre a Dio. Scrive che l’uomo deve sempre lodare e glorificare Dio. Domanda a Dio come deve sfruttare le doti ricevute e poi domanda quale è la volontà di Dio. Dichiara di cercarla in ogni momento della sua vita. Questa domanda egli la ripete spesso durante questa meditazione e infine chiede a Dio cosa deve dire, anzi, cosa deve pensare. In seguito continua la sua riflessione sui doni ricevuti da Dio. Afferma che le cose materiali non esaurirono la creazione di Dio. Secondo lui tutti gli avvenimenti, fatti ed eventi della quotidianità sono frutti dell’opera di Dio, perché Dio li vuole o li permette. Alla fine scrive che lo scopo principale della creazione è riconoscere l’autorità divina per amarlo meglio[21].

Possiamo notare la differenza fra i consigli di sant’Ignazio, che mostra all’esercitante lo scopo principale dell’uomo, cioè: lodare e servire Dio. Il desiderio di p. Dehon è invece cercare in Dio soprattutto l’amore. Benché nei suoi pensieri troviamo numerose somiglianze con sant’Ignazio riguardo al fondamento come scopo principale dell’uomo e il ruolo delle cose materiali, dobbiamo costatare anche che p. Dehon allarga i suggerimenti del santo di Manresa con il suo concetto principale: l’amore di Dio, che per lui e per il suo carisma è il contenuto fondamentale. Il nostro fondatore, quasi come con una specie d’impazienza, sovente parla dell’amore di Dio prima di quanto suggerisca sant’Ignazio, anche se, come vedremo in seguito, nelle idee del santo di Manresa sempre si può individuare l’amore di Dio, visto che tutti i concetti presenti nel fondamento del suo libro, trovano la loro base nell’amore di Dio.

Sant’Ignazio nel fondamento insegna che tutte le cose create esistono soltanto per esprimere l’amore di Dio all’uomo e per aiutarlo a compiere lo scopo per cui è stato creato. Le cose create devono aiutare l’uomo a unirsi a Dio. Oltre a tutte le creature, Dio offre all’uomo l’amore puro cioè se stesso[22].

Vediamo, dunque, che l’intuizione di p. Dehon di cercare anche nel fondamento l’amore di Dio era giusta. La sua ricerca dell’amorevole presenza di Dio in tutte le cose create e in tutti gli avvenimenti era legittima. Possiamo dire che tutto nella vita spirituale del nostro fondatore e della sua Congregazione è indirizzato verso l’amore di Dio e verso la riparazione. Egli voleva eliminare tutti gli ostacoli all’amore e voleva essere un profeta dell’amore[23].

Dal 16 al 24 settembre 1881 p. Dehon fece ancora una volta i suoi esercizi al santuario dei Gesuiti a Liesse[24]. Questo ritiro è molto simile a quello del 1880. Nonostante lo abbia fatto secondo lo schema di sant’Ignazio, è pieno di riflessioni che vengono dalla sua spiritualità personale.

Il suo ritiro comincia rilevandone l’importanza. Scrive che ogni cristiano deve fare il ritiro annuale, tanto più i sacerdoti, i religiosi, lui stesso, perché ha una missione molto seria, cioè la riparazione per i ritiri omessi o fatti male. In seguito scrive che il Sacro Cuore di Gesù lo attende e che bisogna prendere questa settimana per santificarsi, perché lui vorrebbe diventare santo[25].

Come nell’anno 1880, p. Dehon fece parecchie meditazioni sul fondamento e il principio. In base alle sue annotazioni possiamo dire che lo fece in modo più fedele di quanto avesse fatto negli esercizi spirituali dell’anno precedente. Le note di questo ritiro indicano chiaramente il fine dell’uomo come lo indica sant’Ignazio. Anche il ruolo delle cose create che devono aiutare l’uomo a ricevere il suo scopo finale, è presentato nelle sue note al modo del santo di Manresa. Egli continua dicendo che l’indifferenza riguarda soprattutto le cose che non dipendono da lui. Scrive che Nostro Signore sa meglio di lui che cosa sia più opportuno per lui: la salute o la malattia, la ricchezza o la povertà, il successo o l’insuccesso[26].

Ovviamente troviamo anche i temi tipici della sua spiritualità. Egli scrive anche della gloria, ma della gloria del Sacro Cuore. Invece quando medita sull’uomo che deve servire Dio, aggiunge che deve amare e consolare il Cuore di Gesù. Domanda a se stesso se le cose create lo aiutino a realizzare la sua vocazione e a riparare e servire l’amore del Cuore di Gesù[27].

P. Dehon ha sperimentato tutto ciò che abbiamo detto. Egli si sentiva amato da parte di Dio, voleva sempre cercare e compiere la sua volontà e usare le cose create con libertà e indifferenza, come insegna sant’Ignazio nel suo libro degli Esercizi.

In seguito il ritiro per la preparazione ai voti perpetui e al primo Capitolo Generale della Congregazione da lui fondata. P. Dehon fece questo ritiro dal 22 al 27 agosto 1886[28]. Nel primo giorno degli esercizi spirituali il nostro esercitante comincia l’itinerario ignaziano. Egli fece tutto il ritiro spirituale usando assieme al libro degli Esercizi di sant’Ignazio, la Bibbia e «L’imitazione di Cristo». Nelle sue annotazioni, in gran parte in latino, troviamo numerose citazioni di queste tre fonti. Egli prende come punto di partenza i brani della Sacra Scrittura, poi usa testi del libro degli Esercizi di sant’Ignazio e alla fine cita «L’imitazione di Cristo». E ciò dall’inizio della prima settimana, dove sant’Ignazio non propone nessuno brano evangelico.

Successivamente p. Dehon fece il «grande ritiro» nel 1893. Fu il più lungo ritiro della sua vita durato trenta giorni dal 17 ottobre al 15 novembre a Braisne, poco lontano da Soissons.

Questo ritiro p. Dehon lo fece nella casa dei Gesuiti[29], dunque possiamo pensare che lo abbia fatto sotto la loro guida. A Braisne abitavano e lavoravano padre I. Hoppenot (1856-1909) come direttore della casa, J. Jenner[30] grande predicatore, e anche Watrigant che si era trasferito da Chateau-Blanc[31] dove aveva fondato una casa per Esercizi Spirituali[32]. Con questo ultimo p. Dehon ha avuto dei buoni rapporti. Sfortunatamente p. Dehon non ha scritto nessuna parola sul suo accompagnatore durante questi esercizi. Non menziona neanche il nome del confessore quando scrive di questo sacramento, ricevuto alla fine della prima settimana degli esercizi. Nessuna sua lettera di questo tempo e nessun’altra fonte nomina questa o altre persone.

Non sappiamo niente, ma contemporaneamente non possiamo immaginare che il lungo periodo dei trenta giorni sia trascorono senza nessun direzione spirituale o nessun orientamento da parte dell’altra persona, soprattutto se si considera che alloggiava in una casa dove abitavano varie persone, con grande esperienza di guida spirituale. Dunque con grande probabilità possiamo dire che p. Dehon, durante il suo ritiro a Braisne, approfittava della presenza dei Padri gesuiti Hoppenot, Jenner o Watrigant e che, grazie al loro orientamento, sperimentava i suoi esercizi spirituali, ha fatto la sua confessione e si giovava dell’aiuto di qualcuno di questi padri facendo colloqui spirituali.

Ci furono vari motivi per fare questi Esercizi Spirituali di sant’Ignazio di Loyola, che lo stesso p. Dehon indica come «il grande ritiro». Fra le ragioni più importanti, possiamo enumerare le calunnie e le infondate denuncie su p. Dehon, nel luglio 1893. Possiamo elencare la «questione di Vincent»: quando p. Dehon fu accusato di corrompere, il ragazzo[33], la decisione del vescovo Duval, che fu freddo e autoritario nei rapporti con p. Dehon, è stata di scrivere nella sua lettera che la presenza di p. Dehon a Saint-Quentin non era più possibile[34]. Fra i motivi per fare «il grande ritiro» possiamo quindi indicare anche la prontezza di p. Dehon nell’ubbidire senza nessun protesta alla decisione del vescovo. Egli cercava la forza per realizzare la pesante decisione del suo pastore. In questa occasione vediamo di nuovo il suo grande desiderio di cercare sempre e in ogni situazione la volontà di Dio. Questo ci mostra anche la sua grande umiltà e obbedienza, in relazione a sentenze e decisioni gravissime del vescovo. Dobbiamo sottolineare che esse erano prese sulla base di relazioni false e denunce che alla fine si riveleranno calunniose. L’altro motivo per il quale p. Dehon fece questo ritiro spirituale è la preparazione al venticinquesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale.

I suoi esercizi spirituali comincia dalla preparazione della sua disposizione per fare bene questo ritiro spirituale. Enumera: la gioia, la solitudine, la preghiera, la mortificazione, l’umiltà, il dono completo di se stesso e, alla fine, l’amore di Dio come disposizioni più importanti per fare il ritiro spirituale[35].

Possiamo affermare che fin dall’inizio dei suoi Esercizi, p. Dehon, quando enumera l’umiltà e il dono di se stesso, segue l’insegnamento di sant’Ignazio di Loyola che dice: «Giova molto a chi riceve gli esercizi entrare in essi con magnanimità e libertà verso il suo Creatore e Signore, offrendogli tutto il proprio volere e libertà»[36]. Invece quando p. Dehon parla della solitudine, mette in pratica l’altro consiglio del santo di Manresa presentato nella sua ventesima annotazione già citata nel primo paragrafo del presente capitolo. In quest’annotazione troviamo il suggerimento che l’esercitante riceverà maggiore frutto durante gli esercizi quanto più si distaccherà dagli amici e dai conoscenti e anche dalle preoccupazioni quotidiane[37].

Vediamo, dunque p. Dehon comincia questo grande ritiro con la fedeltà all’insegnamento di sant’Ignazio di Loyola e anche con l’apertura del cuore e con grande desiderio di trovare quanto Dio vuole. In questo momento possiamo indovinare anche il grande ruolo del padre spirituale grazie quale il nostro esercitante era così fedele alla metodologia di sant’Ignazio, benché che non sappiamo il suo nome.

Il comportamento di p. Dehon concorda con i suggerimenti dei vari padri spirituali, che dicono che la condizione per fare bene gli Esercizi di sant’Ignazio sono le motivazioni interiori e i desideri spirituali che si presentano come un atteggiamento generoso dell’esercitante verso i suggerimenti di Dio durante gli Esercizi Spirituali. L’altra condizione per fare bene questo ritiro è la capacita di mantenere il silenzio e la solitudine[38]. Possiamo affermare che tutte le condizioni menzionate sopra, egli le compie facendo la prima meditazione, che conclude con la costatazione: “Quale grande grazia per me questo ritiro. Rischiavo la mia perdizione. Sono diventato una terreno arido. «In terra deserta et invia et inaquosa» [Ps 63,2]. Nostro Signore mi rialzerà: «Me suscepit dextera tua» [Ps 18,36; 63,9]. Ho proprio bisogno di grandi grazie e per la mia santificazione propria e per la mia missione di superiore”[39].

Dobbiamo sottolineare la grande umiltà e consapevolezza di p. Dehon nel fare questi esercizi, non soltanto come prete e religioso, ma anche come Superiore generale della Congregazione[40].

 

IV. Gli influssi degli Esercizi di sant’Ignazio in p. Dehon.

Nell’esperienza personale del santo di Manresa e anche nel metodo che propone nel suo libro, la centralità di Gesù Cristo è evidente. Questa centralità della persona di Gesù Cristo si nota anche nell’esperienza spirituale di p. Dehon.

Gli Esercizi di sant’Ignazio cominciano con l’esercizio sul «Principio e fondamento» e si concludono con la contemplazione «Ad amorem». Questi due esercizi hanno avuto un influsso significativo sull’esperienza spirituale di p. Dehon. I suoi viaggi lo hanno preparato a fare in modo profondo l’esercizio sul «Principio e fondamento». Notiamo che nei racconti del nostro viaggiatore appariranno a volte le stesse parole usate dal santo di Manresa. P. Dehon non soltanto apprezzava la potenza e bellezza di Dio nelle creature, ma contemporaneamente cercava sempre il distacco e la distanza da esse. Questo esercizio sul «Principio e fondamento», p. Dehon lo completa con il concetto di amore. Fece così molto spesso fin dall’inizio della sua vita, sottolineando il grande ruolo dell’amore nella creazione e nello scopo della vita dell’uomo. Per lui l’amore è il principio e il fine della creazione che unisce Dio e l’uomo.

Il momento privilegiato durante tutti gli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio era sempre la contemplazione «Ad amorem», durante la quale p. Dehon non soltanto contemplava l’amore di Dio, ma cercava anche l’unione con Cristo nell’amore. Sotto l’influenza di questa contemplazione egli formula l’atto d’amore. Questo atto si può collegare con la preghiera di offerta che sant’Ignazio ha inserito nel libro degli Esercizi Spirituali e che fa parte della contemplazione per giungere all’amore. Esistono i collegamenti che p. Dehon fece di questo atto con la contemplazione per ricevere l’amore e con le altre preghiere proposte da sant’Ignazio di Loyola. P. Dehon voleva che i suoi figli spirituali cominciassero ogni giorno con l’atto d’oblazione e d’amore.

Ovviamente egli fece molte volte anche altri tipi di esercizi che il santo di Manresa propone nel suo libro, anche questi influiscono sulla sua esperienza spirituale. Nelle sue annotazioni troviamo i commenti alla preghiera vocale secondo i tre modi che propone sant’Ignazio. Gli esami di coscienza proposti da sant’Ignazio nel suo libro sono presenti anche nell’esperienza spirituale di p. Dehon ed evidenziati negli scritti spirituali per la vita dei membri della sua Congregazione.

P. Dehon sottolinea anche l’importanza dei movimenti e dei pensieri che i diversi spiriti mettono nell’anima dell’esercitante. Egli recepisce l’insegnamento di sant’Ignazio e sottolinea nel suo diario l’importanza dei movimenti degli spiriti che provocano nell’anima dell’esercitante i vari stati, che egli deve riconoscere per trovare la volontà di Dio.

 

V. Conclusione

P. Dehon cercando la volontà di Dio spesso domanda: «Signore cosa vuoi che io faccia?». Questo suo celebre motto, ripetuto molte volte durante la sua vita, lo spinge a cercare la volontà di Dio. P. Dehon fece questo usando le regole di sant’Ignazio di Loyola per fare la buona e sana scelta. Grazie a questo ha trovato la sua vocazione religiosa come fondatore di un nuovo Istituto. Nella vita di p. Dehon possiamo notare anche gli altri echi lasciati dagli Esercizi di sant’Ignazio che riguardano l’obbedienza, l’apostolato, lo zelo apostolico ed ad Majorem Dei Gloriam dunque costatiamo che questi esercizi hanno avuto un ruolo insostituibile nei vari momenti della vita, soprattutto nei momenti cruciali di p. Dehon.

In questo articolo abbiamo mostrato alcuni influssi degli Esercizi di sant’Ignazio sulla sua spiritualità. Così, trovando e sottolineando le tracce degli Esercizi nella spiritualità personale di p. Dehon. Questo piccolo testo serve a conoscere meglio le radici della spiritualità dehoniana e alcune ispirazioni che ha avuto p. Dehon.

 

[1] G. Manzoni, Leone Dehon, ED, Roma 1993, ss.56-57.

[2] G. Philippe, I Ricordi. Per il settantacinquesimo dei Sacerdoti del S. Cuore (1877 – 1952), Centro Generale Studi SCJ, Roma, dattiloscritto, s. 283.

[3] Cf. G. Manzoni, «La spiritualità riparatrice in Padre Dehon» Studia Dehoniana 40 (1996), ss. 204-205; NHV, vol. 3, IVe Cahier, 124.

[4] NHV 3, IVe Cahier, 138.

[5] Cf. NHV 1, Ière Cahier, 31r; G. Papasogli, P. Léon Dehon fondatore dei sacerdoti del S. Cuore, s. 26; A. Bourgeois«L’expérience spirituelle du Père Dehon. Les années de formation 1843-1871», Studia Dehoniana 23 (1990), s. 78; H. de Julliot, «San Quintino ha dimenticato P. Dehon?», Studia Dehoniana 3 (1976), s. 157; S. Jarzyna, «Genesi della nostra Congregazione», Dehoniana 2 (1977), Ed. ital.,s. 83; s. 91.

[6] NHV 3, IV, 124.

[7] Cf. I. LOYOLA, Esercizi spirituali, in ID., Gli Scritti, Edizioni AdP, Roma 2007, n°[23], s. 195.

[8] NHV 6, XIe Cahier, 177-178.

[9] I. LOYOLA, Esercizi spirituali, n°[1,3.4], s. 182.

[10] I. LOYOLA, Esercizi spirituali, n°[189,1], s. 257.

[11] Cf. L. Ambruzzi, Manuale degli Esercizi di Sant’Ignazio. Le meditazioni, Casa Editrice Adriano Salani, Firenze 1951, s. 161.

[12] Cf. I. LOYOLA, Esercizi spiritual,i n°[172,1], 251; G. C., Federici, Cammino ignaziano. Gli «Esercizi spirituali» di sant’Ignazio di Loyola, in R. ROMANO, Studi religiosi, Edizione Messaggero Padova, Padova 2005, s. 183.

[13] Cf. L. Ambruzzi, Manuale degli Esercizi di Sant’Ignazio. Per varie classi di esercitanti, vol. 2, Editrice Lampade Viventi – Selecta, Milano 1952, vol. 2, ss. 295-296.

[14] I. LOYOLA, Esercizi spirituali, n°[189,4], s. 258.

[15] Cf. G. C., Federici, Cammino ignaziano. Gli «Esercizi spirituali» di san’Iganzio..., s. 170; L. Ambruzzi, Manuale degli Esercizi di Sant’Ignazio. Le meditazioni, ss. 161-162.

[16] Cf. NHV 7, XIVe Cahier, 27-28.

[17] NHV 7, XIVe Cahier, 28.

[18] Cf. G. Manzoni, «La spiritualità riparatrice in Padre Dehon», Studia Dehoniana, 40 (1996), ss. 38-39.

[19] L. Dehon, Lettera del 18.02.1913, AD. B 44/7, n° inv. 751.38.

[20] Cf. Cf. J. Gaweł, «Riflessioni sull’esperienza di fede del nostro Padre Fondatore», Dehoniana 3 (1977), Ed. ital., s. 149; Padre Józef Gaweł continuando le sue riflessioni scrive: «Costretto a rinunciare al termine “oblato”, assume la denominazione di “sacerdote”. Le due parole sono, per p. Dehon, sinonimi. Il termine “sacerdote” designa l’uomo che presiede al sacrificio: è il sacrificante. Suo dovere è di offrire sacrifici; ma non è tutto. Deve egli stesso essere sacrificio, sull’esempio del Cristo. Il sacerdote non sarebbe se stesso se offrisse sacrifici e non offrisse se stesso come sacrificio in tutta la sua vita. Gesù Cristo, l’unico ed eterno Sacerdote è stato sacrificante e sacrificio».

[21] Cf. NHV 7, XIVe Cahier, 29-30.

[22] Cf. W. Królikowski, Wszystko na ziemi jest dla człowieka, in J. Augustyn, Co zabrać ze sobą? Po fundamencie ćwiczeń duchownych, Wydawnictwo WAM, Kraków 2008, ss. 67-68.

[23] Cf. G. Manzoni, «La spiritualità riparatrice in Padre Dehon», Studia Dehoniana, 40 (1996), s. 38.

[24] Cf. NHV 7, XIVe Cahier, 71; G. Manzoni, Leone Dehon e il suo messaggio, EDB, Bologna 1989, s. 258.

[25] Cf. NHV 7, XIVe Cahier, 71.

[26] Cf. NHV 7, XIVe Cahier, 72-73; I. LOYOLA, Esercizi spirituali, n°[23,2-6], ss. 195-196.

[27] Cf. NHV 7, XIVe Cahier, 72-73.

[28] Cf. NHV, vol. 8, XVe Cahier, 52. Dopo questo Primo Capitolo, il 17 settembre, p. Dehon insieme ad altri sei confratelli, emette i voti perpetui.

[29] Cf. A. Ducamp, Le pére Dehon et son oeuvre, Le Éditions Bias, Paris 1936 e Le Éditions Verbeke-Loys, Bruges 1936, s. 344; G. Manzoni, Leone Dehon e il suo messaggio, s. 310.

[30] P. Rufus Mendizàbal indica due gesuiti che vissero in questo tempo: A. Jenner (1826-1907) e I. Jenner (1831-1898). Il primo aveva predicato nella basilica nel 1873 e ha potuto incontrare p. Dehon; probabilmente proprio lui era presente nella casa a Braisne durante gli esercizi di p. Dehon (Cf. R. Mendizàbal, Catalogus Defunctorum in renata Societate Iesu ab a. 1814 ad a. 1970, Curiam P. Gen. Romae 1972 ).

[31] Cf. P. Delattre, Les établissements des Jésuites en France depuis quatre siècles, AD. B 8/14, n° inv. 53.13, dattiloscritto, ss. 3-4.

[32] Cf. H. Dorresteijn, Vita e Personalità di P. Dehon, EDB, Bologna 1978, s. 805.

[33] Cf. NQ 1, nota 24, 550; Congregatio de Causis Sanctorum, Positio super fama sanctitatis et super virtutibus, vol. II: Summarium, s. 249.

[34] Cf. T. Duval, Lettera del 26.07.1893, AD. B 24/15.2, n° inv. 516.15.

[35] Cf. NQ 1, RB/1893, 2.

[36] I. LOYOLA, Esercizi spirituali, n°[5,1], s. 185.

[37] Cf. I. LOYOLA, Esercizi spirituali, n°[20,2], s. 193.

[38] Cf. J. Augustyn, Warunki uczestnictwa w rekolekcjach ignacjańskich, in ID., Co zabrać ze sobą? Po fundamencie ćwiczeń duchownych, Wydawnictwo WAM, Kraków 2008, ss. 32-33.

[39] NQ 1, RB/1893, 2. 

[40] «Si tratta di realizzare le disposizioni di mons. Duval, contenute nella lettera del 2 settembre 1893 […]. [Durante il terzo capitolo generale a Fourdrain 6-7 settembre, che era stato imposto da mons. Duval nonostante fossero trascorsi solo cinque anni dall’ultimo capitolo, non sei come stabilivano le costituzioni] p. Dehon diede le dimissioni da Superiore generale. Prima di procedere a una nuova elezione, p. Rasset fece saggiamente la proposta al capitolo, se era opportuno accettare le dimissioni di P. Dehon e procedere una nuova. Con 11 voti favorevoli e 6 contrari la questione fu rinviata di tre anni, al 1896» (G. Manzoni, Leone Dehon e il suo messaggio, ss.308-309).