„The man between God and the world” – the theology of secularization and the world according to Friedrich Gogarten

„Człowiek między Bogiem a światem” – teologia sekularyzacji i świata według Friedricha Gogartena

 

https://doi.org/10.4467/25443283SYM.20.009.12126

 

Abstrakt

Celem niniejszego artykułu jest przedstawienie teologii sekularyzacji i świata w ujęciu Friedricha Gogartena. Niezbędną pomoc w prezentacji myśli tegoż autora stanowi sentencja: „Człowiek między Bogiem a światem”, będąca jednocześnie tytułem jednego z jego najważniejszych dzieł. Zgodnie z myślą Gogartena, w życie człowieka wpisane jest ciągłe napięcie pomiędzy bezpośrednią i dynamiczną relacją z Bogiem a wynikającą z niej etyczną odpowiedzialnością za świat, w którym żyje. Z jednej strony spotkanie z Bogiem inspiruje człowieka do pozytywnej odpowiedzi na problematyczne pytania świata, jednakże z drugiej – przypomina mu o wynikającej z synostwa Bożego jego wolności od świata. W związku z tym, jedynym kluczem hermeneutycznym do zrozumienia życia między Bogiem a światem jest Jezus Chrystus.

Słowa kluczowe: Friedrich Gogarten, teologia sekularyzacji, teologia świata

 

Abstract

The purpose of this article is to present theology of secularization and the world in the view of Friedrich Gogarten. An indispensable help in presenting our author’s thoughts is the sentence: „Man between God and the world”, which is also the title of one of his most important works. According to Gogarten’s thought, a constant tension between direct and dynamic relationship with God and the resulting ethical responsibility for the world in which he lives is inscribed in human life. On the one hand, the meeting with God inspires man to a positive response to the world’s problematic questions, but on the other hand, it reminds him of his freedom from the world resulting from God’s sonship. In this regard, Jesus Christ is the only hermeneutical key to understanding life between God and the world.

Keywords: Friedrich Gogarten, theology of secularization, theology of the world

 

Introduzione

Nell’introduzione del libro intitolato Demitizzazione e Chiesa, l’editore Giorgio Penzo ha inserito nel modo seguente la nota su Friedrich Gogarten, l’autore dell’opera: „Gogarten come pensatore (...) non ha trovato ancora una adeguata valutazione sia sotto l’aspetto teologico che sotto quello filosofico”[1]. Dopo quasi quaranta anni lo stesso ripeteva Carmelo Dotolo[2] durante il suo corso sulle teologie del XX secolo[3]. Per affermare tale espressione chiedeva agli studenti di dire cosa avevano letto di Friedrich Gogarten. Purtroppo, nessuno di loro ha mai letto qualcosa di lui nonostante che il suo contributo, nella costruzione del rapporto tra fede e cultura/mondo, lo collochi indubbiamente nella stessa fila nella quale si trovano le famose figure di Rudolf Bultmann, Karl Barth o Martin Heidegger.

Tuttavia, l’intenzione di questo lavoro non risulta né nella valutazione dell’opera della vita di Gogarten né nell’apprezzamento. Piuttosto si tratta di una riflessione sulla fede al livello ontologico, sulla sua essenza ed autenticità.

Il percorso di questo elaborato si presenta nel modo seguente: prima si vuole scoprire il vero volto di Dio, come lo attesta la Bibbia, e presentare le conseguenze di questa scoperta, cioè, „mondanizzare” il mondo ed essere „partner” nel dialogo con Dio. Dopo, il percorso prende la strada della delusione che nasce nel confronto con le scienze umane e la potenza della legge naturale. Alcuni esempi permettono di vedere come si presenta il cosiddetto „bilancio di benefici e di costi” per quanto riguarda il progresso dell’umanità. Successivamente, il passo ulteriore risulterà nel prendere la decisione: „Dio o mammona”, cioè – „aut-aut”. Tuttavia, il vero „decidersi” può essere considerato soltanto attraverso Gesù Cristo il quale porta con sé la novità di questa scelta. Alla fine dovrebbe essere chiaro cosa significa una delle frasi principali di Gogarten: „L’uomo tra Dio e il mondo” (Der Mensch zwischen Gott und Welt).

 

„Mondanizzazione” invece di „sacralizzazione”

All’inizio delle chiamate dell’uomo, che vengono da Dio, si trovano le critiche delle religioni le quali si presentano come delle cosmogonie. La distinzione fra la visione del mondo, che esse ci fanno vedere, e quella che è presente nell’ottica cristiana della creazione è benvista per quanto riguarda due termini: „staticità” e „dinamicità”.

Le cosmogonie rappresentano una visione cosmo-statica che non ha futuro. Questa prospettiva descrive il mondo com’è nel suo ordine: il cosmo ordinato dove non c’è uno spazio da creare perché tutto è già creato. In tale visione, dove tutto è già preparato e organizzato, l’unica cosa che è da fare è la ripetizione, la memoria che viene ripetuta attraverso i riti. Le religioni nella prospettiva cosmo-statica ripetono le cose che sono già state. Si può supporre che questa memoria già per la persona di Abramo è diventata una ripetizione mortale perché quando si fanno le cose soltanto perché esse devono essere fatte, le persone che le fanno, sono morti viventi[4].

L’uomo mitico in tale modo di agire si presenta come qualcuno che si dimentica di sé. Nei confronti con le realtà che lo circondano non fa nessuna riflessione su se stesso perciò si perde in esse. Nel suo orizzonte della vita non si trova l’altro se non questo tessuto che agisce su di lui. Dunque, pensare nel modo mitico significa dare tutta la potenza nel modo originario ed illimitato alle realtà esterne. L’uomo vive sotto tale influsso non nel modo parziale, con questa o con quella sua dimensione, ma piuttosto nel modo totale[5]. Gogarten scrive: „(...) la realtà che influisce su di lui, lo impressioni senza trovare alcun limite in una qualche indipendenza o autonomia dell’uomo”[6].

Nella visione cristiana invece il mondo si presenta come un progetto aperto, un cantiere: „«Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra»” (Gen 1,28)[7]. É stimolato dalla promessa del futuro ma non dalla staticità del presente. Tale visione del mondo può essere descritta come la creazione cosmo-dinamica. Essa afferma che il mondo è storia e che la storia ha la sua processualità, incertezza e creatività. L’inizio della vita nuova è sempre da costruire perché il mondo è soggetto della crisi costante. Ogni giorno è uno spazio che può essere usato per la „mondanizzazione” cioè per entrare nel processo della liberazione del mondo. Si tratta di „decidersi di rischiare” per una creazione, perché il processo creativo è vivente ed offensivo. „Rischiare” significa fare storia. La creazione biblica non è come le cosmogonie delle altre religioni perché esse mostrano come il mondo è, ma la creazione fa vedere come esso dovrebbe essere. Il pensiero biblico demitologizza le cosmogonie e criticando l’accettazione, lancia il mondo verso il futuro. Dunque, non si tratta della descrizione ma della profezia[8].

Secondo la visione „post Christum” l’esistenza umana è chiamata a liberare il mondo e ad umanizzarlo. Lo stesso invito è già presente nel racconto di Abramo che esce da Carran. Confrontando la frase che viene da Gen 12,2: „«Farò di te un grande popolo»”, con quelle dell’inizio del libro: „Dio fece il firmamento” (1,7) e „Dio fece le due luci grandi…” (1,17), la parola „fare” si presenta come una parola chiave di questo discorso. Dice Johann Baptist Metz: „La stessa parola che esce da Dio si caratterizza al futuro. La sua asserzione (Ansage), il suo annuncio (Verkündigung), è preannuncio (Ankündigung) del futuro e quindi disdetta (Aufkündigung) del presente”[9].

Essa informa che l’uscita e il cammino di Abramo devono essere intesi come una nuova creazione perché Dio, modellando la strada di Abramo, nello stesso tempo modella la strada dell’umanità e la storia inizia di nuovo. I rabbini ebrei notano che l’importanza dell’inizio della creazione dei primi capitoli di Genesi è equivalente all’inizio della storia di Abramo con il quale essa entra nel processo della „mondanizzazione”[10].

Entrando dentro la maturità teologale si può notare che parlando della creazione non ci si può dimenticare della relazione, perché la creazione è la relazione. Il mondo diventa mondo attraverso le relazioni personali, fra e verso. La creazione è la relazione, cioè è ciò che deve avvenire fra Dio e l’uomo. La creazione è un evento etico, non è un destino necessario. Nasce da una scelta di una relazione etica[11]. Scegliere il Dio liberante che entra nella vita per liberarla.

Tutto questo che è stato scritto sopra, cioè l’ermeneutica biblica secondo Gogarten, può essere riassunta in due concezioni[12]: prima – la concezione della creazione, la quale supera la visione cosmo-statica del mondo ed è vista come „mondanizzazione del mondo” (Verweltlichung der Welt) – opera commessa alla preoccupazione dell’uomo, e la seconda, quella di „partnership”, della centralità dell’uomo come figlio, cioè, il signore del mondo, l’uomo responsabile per la sua e la storia degli altri. „Ora l’uomo si trova rettamente tra Dio e il mondo: di nuovo è divenuto quello che è secondo l’eterna volontà di Dio: il figlio; e, in quanto figlio, il signore di tutto”[13].

Queste realtà permettono di vedere il demitologizzato volto di Dio, il quale è vicino all’uomo ed alla sua storia. Si può notare, che la parola „demitizzazione”, nonostante i timori di alcuni, non nega la presenza di Dio che si trova sulle carte della Scrittura, ma piuttosto sottolinea che Egli rimane sempre attento alle esigenze dell’uomo, soprattutto per quanto riguarda le sue tensioni decisionali. Inoltre l’uomo non è più sottoposto al destino o alla nullità bensì egli riconosca in sé la sua figliolanza, adorando Dio e ringraziando ad Egli. „Perciò dobbiamo insegnare agli uomini della nostra epoca «senza Dio» ad invocare Dio come altro nome della libertà e della grazia nella loro vita. Debbono scoprire Dio come «anti-destino»”[14].

L’uomo può riconoscere di nuovo il Creatore come Creatore e la creatura come creatura. Quest’ultima è vista dall’uomo nel modo rivoluzionario perché egli nota la sua diversità nel riferimento ad essa. Egli riconosce adesso il mondo come creatura, cioè, la realtà che avrebbe dovuto essere chiamata così da egli da sempre[15]. Il fenomeno della secolarizzazione libera il mondo dalla dimensione sacrale, mostrando che essa non appartiene alla creatura (mondo) ma al Creatore[16].

 

Il bilancio di benefici e di costi

L’uomo entra coraggioso nella sua relazione con il mondo. „Egli sta di fronte al mondo come di fronte a un materiale nel cui dominio egli deve confermarsi davanti a sé come l’assolutamente libero, come il creatore prometeico del mondo”[17]. Questa libertà dell’uomo è possibile grazie alla „morte del mondo”. Tuttavia, il mondo che è stato ridotto alla formulazione „creazione morta” e in questo modo privato di suo senso, punisce l’uomo in modo orrendo. Gogarten ha nella mente le leggi della natura antiumana, cioè, la situazione distruttiva del mondo – la prima guerra mondiale. Dunque, i saperi non riescono a rendere il mondo più umano? Da una parte, possono farlo, ma dall’altra, si deve dire che sia la tecnologia che la scienza invece di umanizzare, lo disumanizzano anche. Come comprendere questa ambivalenza? Pare che debba conseguentemente accompagnare il modo critico alle scienze umane…

Negli Stati Uniti, le prime decadi del XX secolo sono state proclamate come l’epoca del progresso. L’avanzamento sarebbe dovuto diventare un toccasana per tutte le malattie del mondo. Conseguentemente non è sorprendente che „andare avanti” sia diventato un principale assioma in un enorme numero degli intelletti umani. Tuttavia, dopo aver vissuto il secolo precedente, l’uomo capiva che la maggioranza delle cose che aveva accettato nel modo acritico erano semplicemente l’inganno e la propaganda e le persone che ci credevano – le vittime del mito della progressione, dell’evoluzione, dell’economia e della pace. La rimozione della ingiustizia dall’ambiente sociale, la liberazione dalla superstizione, soddisfare pienamente le esigenze umane, dare a tutte le persone la possibilità di autorealizzazione e ridurre la dipendenza dell’uomo dalle forze della natura – i grandi presupposti del pensiero moderno ‒ finora non sono stati realizzati. Inoltre, all’inizio del nuovo secolo, cioè dopo aver vissuto innumerevoli delusioni, praticamente nessuno già crede che questi sogni vengano mai compiuti.

Le moderne tecnologie, il progresso medico ed igienico, lo sviluppo nell’ambiente dell’educazione e della creatività, forniscono all’umanità intera le invenzioni che non possono essere valutate positivamente soltanto per quello che esse apportano. La stessa medicina la quale permette a qualcuno di ritornare alla normale vita quotidiana e sociale è impacciata nel confronto delle malattie, tanto quelle vecchie come il cancro quanto queste nuove – AIDS. La stessa industria, la quale permette agli uomini di muoversi in poche ore da una parte all’altra del mondo, può nello stesso tempo eliminare la grande parte dell’ozono, il quale protegge la terra dalle radiazione ultraviolette, creando al firmamento l’enorme buco. Lo stesso intelletto umano mentre scopriva la teoria della relatività e dei quanti, ampliando da una parte la conoscenza della fisica dell’uomo, offriva dall’altra, il materiale per distruggere le due grandi città del Giappone: Hiroshima e Nagasaki. Vale la pena di aggiungere che ancora oggi la gente vive nella paura della bomba nucleare. Lo stesso ritrovamento della pillola anticoncezionale, che permette alla donna di regolare la sua fecondità, rovina il modello tradizionale della famiglia e fa comune la sessuale instabilità delle donne. Finalmente, l’invenzione del computer e di Internet è diventata l’orgoglio di tutta la rivoluzione tecnica. Purtroppo, da quel momento l’uomo possiede soltanto la protesi dell’intelletto e l’unico suo sforzo consiste in un semplice cliccare ed usare la tastiera. Da aggiungere ci sono ancora i vari modi con cui si manifesta la potenza della legge naturale nel mondo la quale rimane al di là del controllo dell’uomo, compreso quello moderno[18].

Fra l’uomo e il progresso non ci sono gli impuniti interessi. Per ogni beneficio si paga salato. Eccola – vendetta dello sviluppo. In questo consiste il paradosso di tutta questa situazione: i sogni compiuti degli uomini sono diventati la loro punizione. Accuratamente già nel XIX secolo disse Eugène Delacroix: „Balza agli occhi, che tale progresso conduca all’abisso dove domina una barbarie totale”[19]. Nel secolo seguente S. Aga Khan esprimeva la simile idea: „Il vero progresso consiste nella capacità di analizzare e comprendere tutti i errori che sono stati fatti nel nome del progresso”[20]. Tuttavia, finora soltanto pochi ammettevano in questa materia i propri errori.

Si è dimenticato che l’autonomia umana non deve essere né sbagliata né confusa con l’autosufficienza perché essa è dono della creazione e la creazione, com’è stato già scritto, è sempre relazionale. Quando l’autonomia dell’uomo viene pensata come chiusura del soggetto in se stesso, il mondo si ribella. Dunque, il valore della libertà dell’uomo è primo costitutivo della sua autonomia e la sua responsabilità deve essere intesa come capacità di rispondere ai reali problemi del mondo per crearlo e non distruggerlo. Come nota Gogarten, la libertà dal mondo (Freiheit von der Welt) è data dalla fede perciò non consiste nella totale distanza da esso ma deve essere riconosciuta come un distacco dal mondo venerato religiosamente[21].

 

„Aut-aut”

Gli ultimi duecento anni mostrano che l’uomo occidentale afferma la prevalenza della dimensione etica su quella religiosa. Le famose figure del pensiero moderno come Lessing e Kant sono un bell’esempio per la frase sopra citata. Comunque, la loro originalità non risulta nel pensiero etico, perché così pensavano anche gli altri, ma piuttosto nella loro rigidità e purezza di tale pensiero. Questa prevalenza della dimensione etica su quella religiosa, tipica per la spiritualità romano-germanica e diversa per quanto riguarda quella greco-russa, condiziona in ogni caso il rapporto dell’uomo con Dio. Di conseguenza questa relazione è subordinata a quella del mondo, cioè, alla coscienza di sé dell’uomo, alla supremazia nel mondo ed alla responsabilità per esso[22].

Eppure, quando si tende uno sguardo su Gesù, la coscienza occidentale, cioè, la creatività e l’orgoglio, del senso di dignità e di libertà umana, non trovano traccia in Lui. Anzi, in Gesù tutto ciò che è stato scritto sopra, avviene in un orizzonte del tutto nuovo ed a causa di questo riceve anche un significato nuovo. Questo succede perché Gesù rompe „le catene” per le quali il rapporto reciproco uomo-Dio stava condizionando quello uomo-mondo. „L’atteggiamento di Dio nei confronti del mondo e degli uomini non è legato alle condizioni e alle leggi valevoli nel mondo, ma Egli agisce in forza della sua divinità sovrana (…)”[23].

La parte della „demitologizzazione” di Dio faceva vedere che Egli non è soltanto garante del mondo degli uomini. Eppure, soltanto l’azione di Gesù permette di comprendere che Dio vuole essere Dio degli uomini. Questo si fa perché Gesù appare nella storia dell’umanità in un modo assolutamente diverso da tutti gli altri. I grandi personaggi precedenti e seguenti volevano rendere il mondo ancora più accessibile e raggiungibile all’uomo, mentre Gesù mostrava il volto dell’altra realtà che supera ed oltrepassa quella terrena. Questi primi facevano un arricchimento e un approfondimento della natura umana perché l’uomo si ancori nel mondo in modo più intenso e più decisivo. La sorgente di tale azione si trovava nella convinzione che soltanto dal mondo l’uomo può succhiare la linfa spirituale e fisica per la sua vita. Gogarten conclude questo pensiero così: „Questa parte intima dell’uomo deve però perire miseramente se, vivendo in questo mondo, si lascia imprigionare per il fatto di voler trovare sicurezza in esso”[24].

Gesù invece spezza tutte le forme di sicurezza e di difesa che sono legate al mondo. Nella sua persona si manifesta un’altra realtà, quella che non può essere presa in possesso e che non può essere perfezionata ed ampliata dall’uomo. Tale azione di Gesù non è nessuna reazione all’opera precedente degli uomini, bensì essa sia pura sua azione. La novità che essa presenta in sé non deve essere scambiata con un atteggiamento verso il mondo in qualche senso ascetico, perché Gesù vive la sua vita nel modo straordinario e positivo mentre l’ascesi, nonostante possa portare con sé i frutti spirituali, nasce da una negazione del mondo. Concludendo in modo breve, la novità di Gesù si trova in un imperioso „aut-aut”[25].

Ciò che risulta da tale termine è stato ben scritto nella Scrittura: „Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona” (Mt 6,24). La frase sopra non permette di non scegliere. La drammaticità e rigidità di questa situazione risulta nella chiara comprensione dell’uomo che finora non poneva la sua fiducia né nel mondo né in Dio perché essa è stata sempre mista, come se queste due realtà non potessero vivere separate. Dunque, l’alternativa della scelta non riguarda o Dio o il mondo bensì la fiducia o in Dio o nel mondo. L’„aut-aut” si rivolge all’uomo il quale trovandosi al bivio deve fare una scelta la quale risulta nella rinuncia o l’uno o l’altro[26]. Il confronto con il mondo greco e quello biblico permette nel modo esemplare di comprendere la fondamentale distinzione tra fiducia in Dio e quella nel mondo.

Nella famosissima opera dell’Odissea di Omero è presentata la figura di Ulisse il cui ultimo scopo della vita era il ritorno alla sua patria per ritrovare la moglie e la propria famiglia. L’ideale di questa narrazione è, quindi, il ritornare nel luogo dal quale si era partiti e ci si era allontanati. Si tratta di un mondo conosciuto, il quale appartiene a qualcuno che sta ritornando, alla persona che ne è proprietario o legittimo sovrano. Per lo scrittore greco è importantissimo che la storia della vita di Ulisse e il suo lungo itinerario si riconducano al punto di partenza. Lo scopo di Omero era la presentazione dell’eroe che dopo aver fatto un lungo cammino verso il mondo sconosciuto e aver raccolto la grande esperienza della vita, alla fine torna a casa sua, e in questo modo „trova se stesso”. Analogamente il suo ideale della vita lo fa vedere Socrate quando dice: „conosci te stesso”[27]. La prospettiva greca è chiara: il termine dell’avventura vissuta dall’uomo è il ritorno a casa, alla propria patria, fra i suoi, è il ritorno verso „l’io autentico”[28].

Se per il greco la vocazione umana significa ritorno alle radici, la vocazione biblica in generale, si presenta in un modo radicalmente diverso. La vera vita è disegnata dalla frase: „partenza senza ritorno”. Essa non può essere trovata nel mondo conosciuto il quale comporta sempre il rischio di non trovare quello che dovrebbe essere trovato come scopo dell’avventura umana. L’abbandonare tutto nel modo definitivo e non tornare più al paese familiare, permette di gustare la specificità e singolarità della fede in Dio e dunque della immediata relazione con Egli[29].

 

La critica della religione

L’immediatezza nella relazione con Dio permette a Gogarten di affermare, che in verità Gesù Cristo non appartiene ad alcuna religione storica perché essa volesse gnosticamente conoscere Dio. Tale incondizionatezza molte volte è stata espressa da Gesù di fronte alla religione. Inoltre, il suo opposto all’essa è determinante per tutti i tempi e tutta la storia umana. „In tale rifiuto della religione si ha che l’opposizione di Gesù alla fiducia che l’uomo ha nei confronti del suo mondo acquista la massima drasticità”[30]. Gesù sta nell’essersi opposto alla religione perché essa si costruisce alla sicurezza del mondo e per questo fonda la stretta relazione dell’uomo con esso. Dunque, dove si dovrebbe trovare la sua essenza? Dove la vede Gesù?

Senza dubbio, essa dovrebbe provocare una trascendenza del mondo. Nella sua essenza è viva un’altra realtà, quella che si trova al di là del mondo, dove non c’è dominio della volontà umana. In essa regna un altro disegno il quale non può essere valutato in nessuna maniera. Infatti, in questa realtà non ci sono le vie conosciute ma piuttosto quelle che sono piene di sorprese. Purtroppo – continua Gogarten – questo desiderio non trova la sua realizzazione sufficiente. Finora le religioni sono piene di riti e gesti sacri i quali sono maneggiati dai sacerdoti iniziati secondo le regole religiose. Esse fanno in modo che il rapporto fra l’uomo e Dio, dove la sua essenza risulta essere l’uomo in balìa di Dio, viene stabilito dall’uomo. Inoltre, l’elemento divino, il quale supera tutta la realtà materiale, viene maneggiata e in misura più o meno ampia, dominata dall’uomo. Si nota che la critica dell’apparato religioso (contro la legge) da parte di Gesù non ha nessuna connessione con una critica illuministica bensì sia indipendente da essa. La sua totale azione è concentrata a mostrare il fatto più importante, cioè, che l’uomo si trova davanti a Dio senza nessuno regolamento giuridico[31].

Il comportamento di Gesù può essere descritto come „anarchico”. Eppure, soltanto nel momento in cui si presenta questa dimensione della vita di Gesù, l’uomo riesce a capire, cosa significa il rapporto ontologico con Dio ed ad avvicinarsi ad esso. Seguendo la teologia barthiana, tutto ciò che fa Gesù è totalmente concentrato sulla testimonianza dell’azione di Dio[32]. Appunto, questa opera divina può essere considerata come unico comandamento accettato da Cristo, cioè, che Dio vuole l’uomo per sé[33]. Dunque, come sostengono Gogarten e Barth, parlare della cristologia significa parlare dell’uomo.

 

Conclusione

Se è così, cioè, se Cristo è una autentica strada per riscoprire il vero rapporto uomo-Dio ed uomo-mondo, e che parlare di Cristo significa parlare dell’uomo e all’uomo[34], si deve prendere un linguaggio adatto a descrivere questa realtà in un modo accessibile all’uomo moderno, offerto dalla cultura del suo tempo, in particolare dallo storicismo. Linguaggio che parte dall’umanità di Gesù, non escludendo la sua divinità, ma mettendola nella luce dell’umanità. In questo senso il linguaggio metafisico è privo di questa forza perciò deve essere abbandonato. L’unico linguaggio è dunque quello tipico per il mondo culturale moderno il quale presenta Gesù nel modo dell’annuncio, dell’evento e della storicità.

Quest’ultimo permette di capire che l’autentica fede cristiana non risulta nel fuggire dal mondo, ma nel prendere la coscienza e la responsabilità di esso. L’autentico cristiano non è l’asceta che muore nel mondo oppure lo tratta come la forza satanica[35] bensì sia il vivente, vive nel modo straordinario e positivo perché sia di fronte alla realtà che si trova al di là.

„L’uomo tra Dio e il mondo”? – la famosa frase gogarteniana contiene in sé il nucleo dell’annuncio di Gesù, cioè, vedersi al mondo nello svegliarsi del divino che ci sta di fronte.

 

Bibliografia

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[1] F. Gogarten, Demitizzazione e Chiesa, Brescia 1981, 18.

[2] Professore ordinario di teologia delle religioni nella Pontificia Università Urbaniana a Roma.

[3] L’autore dell’articolo ricorda le lezioni del professore Dotolo tenute nella Pontificia Università Gregoriana a Roma nell’anno 2015-2016.

[4] Nella persona di Abramo i rabini vedono i dubbi d’Israele nel confronto degli astri. Le leggende della tradizione ebraica riportano che l’esodo di Abramo non è un semplice cambio del posto ma il suo confronto delle divinità della natura. Cfr. A. Buckenmaier, Abramo. Padre dei credenti, Genova-Milano 2011, 18-20.

[5] Cfr. F. Gogarten, L’annuncio di Gesù Cristo, Brescia 1978, 408-409.

[6] Ibid., 409.

[7] Per le citazioni bibliche è stata utilizzata la versione CEI 74 dal sito: www.vatican.va.

[8]   Cfr. C. Dotolo, Un cristianesimo possibile. Tra postmodernità e ricerca religiosa, Brescia 2007, 241.

[9]   J. B. Metz, Sulla teologia del mondo, Brescia 1971, 84.

[10]  Cfr. A. Buckenmaier, Abramo, op. cit., 25.

[11] Cfr. ibid., 20.

[12] Cfr. C. Dotolo, Un cristianesimo possibile, op. cit., 241.

[13] F. Gogarten, L’uomo tra Dio e il mondo. Legge ed vangelo, Bologna 1971, 21.  

[14] C. Geffré, Il destino della fede cristiana in un mondo di indifferenza, „Concilium” 19 (1983), 128.

[15] Cfr. F. Gogarten, L’uomo tra Dio e il mondo, op. cit., 21.  

[16] Cfr. Idem., Demitizzazione e Chiesa, op. cit., 13.

[17] Idem., L’uomo tra Dio e il mondo, op. cit., 22.

[18] Cfr. W. Łysiak, Stulecie kłamców, Chicago-Warszawa 2000, 13. 16.  

[19] La citazione viene usata in ibid., 15. Traduzione propria.

[20] La citazione viene usata in ibid., 17. Traduzione propria.

[21] Cfr. F. Gogarten, Demitizzazione e Chiesa, op. cit., 12.

[22] Cfr. Idem., L’annuncio di Gesù Cristo, op. cit., 54.

[23] Ibid., 56.

[24] Ibid., 58.

[25] Cfr. ibid., 57-58.

[26] Cfr. Ibid., 58-59.

[27] „Conosci te stesso” era scritto sul frontone del tempio di Delfi. Socrate fece sua questa frase.

[28] Cfr. J.-L. Ska, Abramo e i suoi ospiti, Bologna 2003, 18.  

[29] Cfr. ibid., 19.

[30] F. Gogarten, L’annuncio di Gesù Cristo, op. cit., 61.

[31] Cfr. ibid., 62.

[32] Cfr. K. Barth, Kirchliche Dogmatik, III/2, Zürich 1948, 69-74.

[33] Cfr. F. Gogarten, L’annuncio di Gesù Cristo, op. cit., 19-22.

[34] Gogarten dice così: „Ora, se, come si è detto, la dimensione di Cristo è legata al fondamento dell’uomo, è ovvia la conseguenza che se non si dispone più di un liguaggio per poter parlare di Cristo, non si avrà più a disposizione un linguaggio per poter parlare in modo autentico dell’uomo”. Ibid., 12.

[35] Un riferimento agli gnostici per i quali il mondo si presenta come l’ambiente satanico per eccelenza. Cfr. ibid., 55.